Lavorando con le parole so bene quanto sia importante trovare quelle giuste che sollecitino l’immaginazione di chi siede in platea, perché mi evita spesso di dover mostrare in scena oggetti reali, oppure scenografie, o ancora più banalmente cosa stia provando la personaggia di fronte ad una certa situazione.
Sollecitare l’immaginazione scatena emozioni, permette a chi ascolta di vedere cose, immaginare luoghi, immedesimarsi nella storia e risvegliare sentimenti sopiti.
Ecco perché quando ho sentito usare l’espressione ANARCHIA MIGRATORIA da Bardella (RN), durante l’ultimo dibattito televisivo pre-elezioni legislative in Francia, dentro di me é scattata una amara standing ovation a chi gliel’aveva scritta.
Bravə, complimenti davvero, affiancare la parola “anarchia” con “migratoria” è di un’efficacia incredibile, in pochissime lettere ti faccio immaginare situazioni disastrose causate da un gruppo di persone che non seguono le regole della “tua” società, Paese, quartiere, che spaccano tutto, creano disordine, lasciano magari pure morti e feriti sul campo e visto che ci sono ti rubano pure il lavoro, ti seducono la donna e ti svuotano il conto in banca.
Un’immagine efficacissima per quei quasi 11 milioni di francesi che hanno votato l’estrema destra o meglio un uomo forte, l’ennesimo, che però sa parlare loro, li capisce, sa chi c’è dietro le millemila sfighe che colpiscono la loro vita, l’uomo forte che finalmente gli darà il riconoscimento che meritano, li rimetterà al centro del bar del loro piccolo triste mondo, buttando fuori a calci quell’orda di migranti pericolosissimi!
Quando mica capita di soggiornare nei villaggi o nelle piccole città della provincia francese, non vedo mai i migranti che invece incrocio abbondanti in certi quartieri di Parigi. Chi abita come me in un quartiere non particolarmente ricco, abitato da famiglie di seconda e terza generazione di immigrati, persone che spesso fanno i lavori più umili tra ristoranti, edilizia, pulizie, i famosi migranti li vede bene e non sono affatto anarchici.
Io li vedo nel 19° mentre aspettano che venga preso in considerazione il loro dossier, stare in un lunghe file seduti per terra di fronte all’ufficio amministrativo di turno, li vedo apparire la sera sotto il ponte della metropolitana o tra le vetrine dei grandi magazzini in centro, sistemarsi per la notte e a volte sono famiglie intere con bambini. Li vedo dalla mia finestra la mattina presto, fare la fila al Jardin d’Eole in attesa venga aperto, per poter usare le fontanelle e darsi una pulita, dopo la notte passata appunto sui cartoni per strada o nella metro. Li vedo quelli tra loro, messi peggio degli altri, che finiscono nei prati di periferia o sotto la tangenziale a suicidarsi col crack e l’alcool.
Non sono affatto anarchici, ma stanno zitti e cercano di rimanere invisibili.
Parlare però di "anarchia migratoria" funziona perché colpisce quelle pance in cui bollono frustrazione, ignoranza, paura, risveglia la rabbia repressa delle vittime da pedagogia nera che hanno finalmente qualcuno su cui sfogare la violenza subita.
Poco importa insomma quale sia la realtà di questi disperati che noi costringiamo a migrare, quello che conta è trovare il BABAU, l’UOMO NERO che minaccia di portarci via la mamma e che per ciò va tenuto il più lontano possibile da casa nostra.
Il BABAU però, non é la fuori, é dentro di noi.
🖤